SONO O NON SONO
QUESTO E’ IL MIO OUT OUT
(di Gianni Nachira)
*** No, non è vero che sono: Io non sono.
Non sono quando a te non te ne frega niente di quello che faccio, di ciò che dico, di come vivo; Non sono quando l’ignoranza altrui galoppa fiera su territori non suoi; Non sono se la mediocrità supera l’eccellenza e non sono neppure… quando credo al tuo asserire che l’asino vola.
Sono non sono… Quante volte me lo sono chiesto, sino a convincermi si, ma del contrario. E solo perché ho testimoni che mi fanno da garanti. Dunque, io sono! Anzi, no, non sono. Insomma, sono e non sono, al tempo stesso.
Ecco, finalmente mi certifico nell’anagrafe dei vivi, di quelli che raccontano la vita sui legnosi pavimenti risonanti del palcoscenico dove batto i piedi per far sentire vie più il senso della parola detta, dove alterno le vocalità tipiche dell’orante, per la stessa suddetta ragione.
Parlo da monologante e lo faccio per te, amico mio, che d’esperienze non ne hai vissute; parlo anche per te che di laggiù ascolti e sorridi. Metto a nudo atti misfatti colpe e ragioni;
Spoglio la coscienza di chi si nasconde dietro spessi veli; ficco nei tuoi occhi i miei, con uno sguardo che non si può sostenere. Poi… La poesia addolcisce il clima, lo stempera, lo ammorbidisce, carezzando coi versi l’assetato di bisogno d’anima.
E’ solo un attimo, perché il verso assume figura d’uomo, alto, imponente, indice puntato a smascherare troiai. Voce d’uno che sa che dice e lo fa perché ha visto, ha vissuto, ha subito; Ha amato… invano.
IL SACCO A SPALLA
“Sono il sacco a spalla entro cui tutto s’è versato; in esso ho raccolto il tempo, i guai della gente, le gioie e il dolore; ho conservato con cura, nel sacco, i tesori dell’esistenza umana.
Se ti incontro per strada non te li posso far vedere, né posso parlarti d’essi. Però, se vieni nel “luogo”, lì vedrai, sentirai, capirai.
Il luogo è il palcoscenico, la casa degli esseri umani che non han colore da mostrare, né lingua che non si possa capire e neppure sentimento che sia diverso dall’amore.
Parole, versi, canzoni, musica. Che altro vorresti da un poeta dell’amore? No, ti prego, non chiedermi altro ché, non te lo saprei dare.
IL SIPARIO DELLA VITA
Ecco, il sipario è già aperto ma in scena non c’è nessuno, nessuno che sappia, in metamorfosi d’essenza, creare una scena, una finzione. In scena c’è la realtà, la verità, la sostanza. In scena c’è la vita.
La vita… Cosa sia poi, è difficile dirlo; è un tempo, sicuro, questo si; Un lungo attimo, un periodo, chiamalo come vuoi, tanto a te non è che freghi molto entrare nei meandri della comprensione. Essa è privilegio per gli eletti, porta per pochi, perché la maniglia… la maniglia non piega facilmente e la porta non s’apre.
Siamo messi male, dunque, perché… a che serve raccontare la vita se non c’è uditorio che abbia orecchie? Per strada non si può; Nei bar con gli amici neppure; A cena in un ristorante, no. In spiaggia? Figuriamoci. In tutti questi luoghi è meglio parlare d’altro, altrimenti sei fuori,nel senso che ti fai fuori da te, visto che nessuno sente.
Il sentire, però, è una virtù palpabile, c’è, qualcuno l’ha fatta sua. Qualcuno… Ecco giusto qualcuno… su sette miliardi e mezzo di esseri umani presenti sul pianeta terra. Un po’ come cercare un ago in un pagliaio. Peccato che io non sappia neppure dove sia il pagliaio, altrimenti mi ci butterei dentro a cercar l’ago fatidico.
Allora, non potendo fare altro, limito il mio dire, taccio… ma non finisce qui.
(Sono o non sono – Pensiero un po’ meno intimo – di Gianni Nachira) -10/10/2016