È una questione di feeling

E’ UNA QUESTIONE DI FEELING

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Oggi non ci penso due volte e faccio una cosa insolita. Del resto chi me lo impedisce? Forse l’etica? Perché? A chi devo dar conto di quello che faccio?

Allora, sì, ho deciso. Scrivo questo articolo di getto, senza sapere neppure di cosa ne salterà fuori; senza pormi il problema se quello che scrivo piace o non piace. Non ho neppure deciso di cosa parlare, se di politica, di sport, di culinaria o di arte.

Da giovane ero un ciclista, poi ho fatto il portiere; subito dopo ho fatto il militare. Non basta? Ah, ho anche fatto il commerciante e l’artigiano. Infine ho  deciso di fare il poeta, con la coda dello scrittore e, in ultima analisi, anche il cantautore. Quest’ultima attività credo sia quella che avrei voluto fare, sul serio, non scherzo: L’avrei voluta intraprendere da ragazzo.

Invece no. Il fato aveva programmato tutt’altra storia. E che programma, ragazzi: “Da schifo” Non mi lamento però, giacché non vale la pena darla vinta al fato, a quell’essere soprannaturale che crede d’avere discendenza divina, mentre è solo un arrogante che si insinua per rompere le palle a chi vuole programmarsi secondo i propri desideri.

“Ah! Vuoi fare il cantautore? Mo ti sistemo io:” La sostanza è questa e in effetti ce l’ha messa tutta per crearmi difficoltà. I bastoni tra le ruote me li ha messi molte volte. Che poi, come ha fatto? Io mica ho ruote al posto delle gambe. Insomma, per farla breve, sì, le gambe me le ha piegate molte volte. Poi, rialzarmi era un gioco da ragazzi, fino a quando ero giovane. 

È una questione di feeling
Il mio primo amore

La prima batosta (a dire il vero relativa), l’ebbi nel lontano millenovecentosessantasei, quando partii per una terra lontana -appena 1200 chilometri- lasciando nella cantina di casa la chitarra che vedete qui a fianco. L’avevo acquistata qualche mese prima con l’intento di pagarla con il frutto dei primi concertini di piazza, ma non feci in tempo, né a godermela, né a pagarla. Ci pensò mio padre.

E’ strano che questo pezzo, così prezioso per me, sia rimasto in quella malsana cantina per tanti anni. Non ebbi occasione di portarlo via con me, né mio padre pensò di spedirmelo. Forse aveva deciso di non farmelo più avere. 

Poi giunse il giorno in cui mio padre volò in cielo ed io feci ritorno al mio paese per piangere la sua morte. Rimasi poco lì e fui costretto a ripartire. Scesi giù in cantina e notai l’astuccio della chitarra poggiato su di un ripiano in legno tassellato al muro. “È la mia chitarra” pensai. La presi e senza neppure guardarci dentro la caricai in macchina. Un saluto ai miei e poi via, verso la terra lontana dove già da circa vent’anni risiedevo.

Alla vista della chitarra ormai morta, non piansi, ma ci rimasi male. Decisi così di liberarla dal maleficio che l’aveva colpita. La smontai pezzo per pezzo, gettai via tutta la parte elettrica, i pick up, le corde che ancora erano lì, semi tese e le chiavette, ormai rose dalla ruggine. Rifeci il pannellino dei comandi, acquistai un buon kit di amplificazione, i pick up nuovi, le corde e rimontai il tutto. EUREKA! La chitarra era rinata e suonava ancora nelle mie mani. Peccato però che io non la sapevo più suonare, giacché per vent’anni non ebbi modo di farmene una.

Poi un giorno -erano passati appena un paio di mesi da quando l’avevo fatta rinascere- la prestai a un ragazzo. Non l’avessi mai fatto. L’ha distrutta e non me l’ha mai più restituita. Strano vero? Che fetente però questo fato.

Gli anni che seguirono… Altro che fato. Forse si sono messi d’accordo molti fati per impedirmi ogni bene. Ma, dico io: Di fate non ne esistono? Niente, neppure l’ombra. Fu così che rimasi all’asciutto sino al duemiladue.

E’ UNA QUESTIONE DI FEELING

E' una questione di feeling
La mia compagna dal 1982

Soltanto verso la fine del 2002, con uno scatto felino dissi “BASTA! NON SIA MAI CHE IO MUOIA PRIMA D’AVER PORTATO A COMPIMENTO L’OPERA CHE PIÙ MI STAVA A CUORE: SCRIVERE CANZONI.

Fu così che incominciai a contrastare quel fato bastardo e guardai avanti, là dove il destino aspettava me per iniziare la scalata; O la discesa in valli più sicure, a seconda della prospettiva dalla quale si vuole osservare la questione.

Capii che fato e destino sono entità diverse, opposte. Anzi, il destino non esiste come entità, piuttosto è la forza interiore, la volontà di un individuo a far sì che esso si manifesti con i risultati della lotta personale contro il fato. E’ una questione di feeling.

Oggi mi ritrovo con un bel capitale che mi fa ricco e non è denaro, né valori altri a valenza economica. C’è, nel profondo dell’animo una sorta di soddisfazione per i libri di poesie prodotti, dei saggi d’intimistico pensiero, dei testi di canzoni scritti. poca roba, a dire il vero, però, analisi vuole che in meno di diciassette anni di più non avrei potuto fare. 

Oggi un solo cruccio mi dà da pensare: La mia opera nel suo complesso racchiude in sé valore apprezzabile? A questo punto, rispondo oggi stesso al mio quesito che già da tempo mostrava il suo segno d’interrogativo; per cui mi dico: “È FARINA DEL MIO SACCO”. Del resto, se non piace alla gente chi se ne frega? 

E’ una questione di feeling tra me e il mondo della cultura e dell’arte. Non potevo sottrarmi allora e non lo farò in futuro. Sino a quando il Padreterno mi lascerà in vita e sano di mente, suonerò, canterò, scriverò, reciterò. In fondo che volete? La vita non è forse un grande palcoscenico? Io ci sto sopra. E voi? 

È una questione di feeling

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Di Gianni Nachira

Dai triboli alla presa di coscienza che la vita va affrontata con coraggio e determinazione, ho mantenuto viva la fiammella della creatività che la sorte voleva spegnere. Così ho lottato per neutralizzare gli effetti del fato per costruire il mio destino. Ci sto lavorando ancora e non demordo. Lo faccio con la poesia, con la musica, con la scrittura di romanzi.

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