IL TEOREMA DI PASOLINI

Poiché non ci sono veti per la riproduzione di questo articolo tratto dal link che per dovere e rispetto indico, mi permetto di fare alcune considerazioni del tutto mie sul modo artistico culturale e letterario del personaggio Pasolini.

Ha sempre raccontato la vita, in tutte le sue infinite pieghe, forse esasperandone gli aspetti, ma cogliendo appieno una realtà che appartiene all’essere umano, fatta di debolezze, di vizi, di virtù, di passioni, di ignoranza, di cultura, di presunzione e tante altre pecche o altrettanti valori.

Ma l’esasperazione è un concetto da teatro e, perché no? anche da cinema. E di questa sua rappresentazione dapprima teatrale o poi passata sugli schermi della cinematografia.

E’ una storia dai contorni dell’assurdo, ma che rispecchiano una natura spesso nascosta, celata dietro la maschera di un PERBENISMO TUTTO BORGHESE; e Pasolini la racconta, in questo teorema, strafottendosene della pudicizia o della morale che vorrebbe ben altre forme di spettacolo.

Ma la verità la si racconta in un tempo ristretto, quello del teatro o del cinema: circa 2 ore. E come e cosa si può dire in 2 ore? Tutto! Lo ha fatto Pasolini con la sua maestria. Ma leggiamo l’articolo, forse è meglio.

http://pasolinipuntonet.blogspot.it/2013/01/il-corpo-come-riscatto-dalla-borghesia.html

Il corpo come riscatto dalla borghesia: il Teorema di Pasolini

“Pagine corsare”

PASOLINI NEI BLOG

Il corpo come riscatto dalla borghesia:
il Teorema di Pasolini

Teorema nacque come dramma teatrale nel 1965 ma divenne un romanzo e un’opera cinematografica nel 1968. In questo film, l’autore simboleggia il proprio giudizio negativo dell’individualismo a cui la vita, in stile borghese, richiede e conduce. La simbologia di questa chiusura in sé passa attraverso il corpo, un corpo snaturato, fattosi oggetto in chi si è abituato a vivere le consuetudini di questa noiosa società consumistica. Ma attraverso il corpo passa anche il riscatto. Ed è proprio quello che è venuto a portare “l’Ospite”, un ragazzo bello e gentile ma anche riservato e assorto, fuori dalle consuetudini e che sta tutto il tempo a leggere (non a caso) Rimbaud. Arrivato da chissà dove, giunge per visitare la famiglia di Paolo, industriale a capo di un’azienda di Milano. A casa c’è tutta la famiglia: l’annoiata moglie Lucia, i figli studenti Pietro e Odetta e infine la domestica (una “esclusa di razza bianca” come la definì Pasolini stesso), Emilia, di origini contadine.

L’Ospite sconvolgerà la normalità di questa famiglia piccolo-borghese. Ogni membro, inclusa la domestica, finirà per avere un rapporto sessuale con lui. La prima ad essere folgorata dalla estraneità e naturalezza del giovane è proprio la domestica che, per paura di non poterlo avere, tenta di suicidarsi ma viene fermata e amata dall’ospite. Poi tocca a Pietro, suo coetaneo con inclinazioni artistiche, destinato a scoprire anche le sue vere inclinazioni sessuali. Poi è la volta di Lucia, fino ad allora confinata nel dogma cattolico (come pare viverlo non perché dogma puramente cattolico) della fedeltà coniugale. Dopodiché Odetta, studentessa introversa molto attaccata alla figura paterna, e infine il pater familias Paolo.

Tutti uniscono il proprio corpo con la sua bellissima e affascinante anormalità. Ma, come dice lo stesso Rimbaud, l’ospite “è  venuto, se n’è andato e forse non tornerà mai più”. Quindi, altrettanto misteriosamente di come era arrivato, l’ospite inatteso se ne va.

La famiglia cade nel panico: ogni membro, ormai svelatosi a se stesso per quello che è, per il timore di questo improvviso cambiamento si rifugia nella propria individualità con conseguenze catastrofiche. Una perfetta sintesi è la reazione di Odetta: chiusasi in se stessa, diventa catatonica e viene portata in ospedale ancora rigida e con un pugno serrato. Lucia prova a rivivere quella passione, quell’energia corporea donandosi a caso a ragazzi caricati in macchina lungo la statale, cercando coetanei dell’ospite. Ma la tristezza permea qualsiasi incontro.

Pietro invece si dà all’arte, ma dipinge quadri di cui non si fida, cercando invano una forma d’arte che lo convinca appieno. In questo Pasolini mette tutto il senso dell’attuale fuga dalla propria personalità a cui la nostra società ci educa fin da bambini: se qualche cosa non va coprila con qualcosa perché nessuno se ne accorga, come Pietro pone una lastra trasparente sull’altra per nascondere gli errori dell’artista, l’ingenuità del suo tratto inesperto.

Cerca rifugio nella propria individualità, senza scampo, fino alla pazzia. Solamente il padre verrà illuminato, abbandonando anche i suoi averi: lascia la fabbrica agli operai, scappa svestendosi completamente e vaga nudo per il deserto. L’urlo tra le dune di sabbia (fuori sincrono come se non fosse un urlo umano ma qualcosa di più profondo) racchiude in sé la dolorosa presa di coscienza del proprio vivere svuotato, senza senso, senza identità.

L’unica a salvarsi da questa apocalisse è per sua natura la contadina Emilia la quale, estranea al mondo borghese per nascita, torna al suo paese di campagna e qui, dopo giorni di immobilità corporea, di purificazione (mangia solamente delle ortiche), concentrata in uno stato mistico riesce a liberarsi completamente della sua individualità (significativa la scena dove si fa sotterrare e solo gli occhi rimangono scoperti per irrigare il campo con le proprie lacrime), a donarsi all’Altro (di cui l’ospite era portatore) e il suo corpo prende a lievitare mentre la popolazione grida al miracolo.

Un miracolo sì, che ci si possa ancora rendere conto che la borghesia piega il nostro corpo alla stregua di un oggetto difficile da controllare.

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Di Gianni Nachira

E' presto detto: Da lavoratore, una volta raggiunta la pensione, sono riuscito a prendere in mano il sacco dove per anni sono state rinchiuse le mie passioni in campo artistico. Non è stato facile, perché l'età e l'impossibilità di farlo a tempo debito hanno parlato chiaro: "NON PUOI". Al ché io ho risposto: "Ma davvero?" Allora mi sono cimentato a fare teatro, a fare musica. FARE, CREARE, senza mollare e nonostante le difficoltà che la vita ancora oggi mi pone ad ostacolo, proseguo imperterrito sfidando il fato che da quasi sessant'anni mi assegna una sorte avversa. In questo mio sito ho messo insieme una parte di me e continuerò a farlo perché rimanga traccia di una storia di vita forse banale, ma comune a molti.

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