I GIOVANI POETI ITALIANI
La stampa dà molto risalto all’eccellenza poetica e va alla ricerca di giovani poeti italiani.
Giusto! La poesia non deve morire o quanto meno affossarsi in un campo magnetico a circuito chiuso nel quale stanno, indomiti, i poeti vecchio stampo.
La modernità avanza e avanza pure l’età dei poeti storici della contemporaneità; Di ciò beneficiano i giovani poeti italiani.
A questo punto sarebbe giusto chiedersi se è il caso che gli anziani si facciano da parte, che tacciano le loro voci, che smettano di scrivere versi.
Del resto le loro sono poesie sempre uguali, con una metodologia di scrittura stantia e retrograda, stanchevole, noiosa.
Mi pare opportuno che ciò accada. Dunque? Silenzio Poeti.
Vi viene imposto in quest’era tecnologica da un’esigenza di mercato culturale basato sul pressapochismo letterario, sulla mancanza di visioni idilliache, sul decadimento di valori essenziali, sul disprezzo della vita.
Oggi la poesia ha tutt’altra espressione, diversa componentistica di sentimenti, decadente l’idioma… La poesia moderna, insomma.
A proposito di modernità poetiche, è pur vero che la poesia moderna nasce nel 1848, ben 171 anni or sono. Poesia, che mostra di sé figurativi avanguardisti di notevole spessore -vedi Baudelaire-.
Uno dei poeti maledetti
Les fleurs du mal, nel suo insieme poetico rompe gli schemi soliti della poesia romantica, disconosce sogno ed evasione.
Essa si avvale di espressioni violente, di racconti di vita accesi da una dialettica estroversa, ricca di invettive contro tutto e tutti.
Nemico è il Creato, perché indifferente al dolore e alla sofferenza umane.
Come si definisce, allora, la poesia, che vada l’oltre l’oggettiva modernità ottocentesca? Cerco di coniare un termine… ancora non mi sovviene.
Considero però poeti nel nostro tempo alcuni cantautori poeti, i quali hanno stravolto l’idea di versi che cantano l’inferno, il paradiso, che tessono lodi ad angeliche visioni del cielo.
UN CONFRONTO
i giovani poeti italiani
Se con poesia si definisce quella capacità di esprimere sentimenti, di far tremare i cuori, di suscitare emozioni, di dar colore alle immagini, di manifestare forza creativa ricca di profondità e concetti, non posso fare a meno di citare Lucio battisti.
Egli ha composto canzoni struggenti, pregne di dolcezza nei versi che raccontano l’amore: Niente a che vedere con i giovani poeti italiani.
UN ALTRO CONFRONTO
i giovani poeti italiani
Oppure il De André, poeta, che racconta la vita in tutta la sua infinita e labirintica odissea dell’umana sorte.
Insomma, si entra, con questa maniera poetica, nell’intimo di tantissima gente, nella quotidianità dell’esistenza della gente di strada.
Non più poesia “eletta”, destinata a pochi estimatori d’alto rango, bensì poesia d’affezione, scritta per i meno dotti.
Oppure cantata, perché con il canto si supera la spesso amorfa voce del declamatore e poi, perché in tanti si ritrovano a riconoscere nei testi di canzoni sprazzi della loro vita.
Ecco, la poesia di oggi forse la si può definire “futura”. Faccio volutamente riferimento all’omonima canzone di Lucio Dalla, perché forse risponde in pieno alla formulazione ritmica di un pensiero poetico più che ermetico, disordinato, confuso nei versi -se così vogliamo chiamarli, divinamente cantati da una voce ,magica.
Altrimenti non si può, no, non si può, perché rasenta la negazione della poesia strutturata della più ferrea tradizione novecentesca.
Leggiamolo allora il testo di
FUTURA (Lucio Dalla)
Chissà chissà domani
Su che cosa metteremo le mani
Se si potrà contare ancora le onde del mare
E alzare la testa
Non esser così seria, rimani
I russi, i russi, gli americani
No lacrime non fermarti fino a domani
Sarà stato forse un tuono
Non mi meraviglio
È una notte di fuoco
Dove sono le tue mani
Nascerà e non avrà paura nostro figlio
E chissà come sarà lui domani
Su quali strade camminerà
Cosa avrà nelle sue mani, le sue mani
Si muoverà e potrà volare
Nuoterà su una stella
Come sei bella
E se è una femmina si chiamerà Futura
Il suo nome detto questa notte
Mette già paura
Sarà diversa bella come una stella
Sarai tu in miniatura
Ma non fermarti voglio ancora baciarti
Chiudi i tuoi occhi non voltarti indietro
Qui tutto il mondo sembra fatto di vetro
E sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio
Di più, muoviti più fretta di più, benedetta
Più su, nel silenzio tra le nuvole, più su
Che si arriva alla luna, sì la luna
Ma non è bella come te questa luna
È una sottana americana
Allora su mettendoci di fianco, più su
Guida tu che sono stanco, più su
In mezzo ai razzi e a un batticuore, più su
Son sicuro che c’è il sole
Ma che sole è un cappello di ghiaccio
Questo sole è una catena di ferro
Senza amore Amore Amore Amore
Lento lento adesso batte più lento
Ciao, come stai
Il tuo cuore lo sento
I tuoi occhi così belli non li ho visti mai
Ma adesso non voltarti
Voglio ancora guardarti
Non girare la testa
Dove sono le tue mani
Aspettiamo che ritorni la luce
Di sentire una voce
Aspettiamo senza avere paura, domani
SUNTO
In questi versi c’è di tutto, si racconta tutto in maniera caotica, allo stesso modo di come e quanto è caotica la quotidianità moderna. Tutto è confuso: Voci, rumori, motori, buio, stelle e luna; il parto: e si chiamerà Futura se nascerà femmina…
Nel modernismo poetico c’è dell’altro, ancora più scomposto (salvo il sopravvivere di certa poesia classicheggiante), più sconcertante e destrutturato. Di questa tendenza però, proporrò un ulteriore approccio.
Intanto per mio conto fisso il termine Futura, che da oggi in poi significherà “Poesia” oltre il contemporaneo.
Che ne pensate di questa mia di getto?
Futura (Gianni Nachira)
Nei tuoi pensieri, nei tuoi guai
domani senza accorgertene ti ritroverai;
Io cammino distratto scarpe sporche
vedo te che senza amore te ne vai .
Rumori e vento sconquassano il melo
la tua faccia l’hai messa sotto il velo;
Bussa la morte alla porta chiusa
non c’è nessuno, anzi no, c’è la vita.
Mare impazzito le onde asciutte
imitano gli occhi che non sanno piangere;
scoppiano ordigni, l’oltraggio alla terra
l’amante stupisce sul corpo ignudo.
Vai, il catenaccio è rotto;
corri, ma non andare mai sotto.
Io resto ho da vegliare il gatto
tanto qualcuno mi prenderà per matto.
Futura, se ti piace prendimi
le mani non sanno stringere
cade la neve in faccia al sole
il freddo è là, non fa rumore.
La città è vecchia e cade a pezzi
i vetri sotto le scarpe scricchiolano
non c’è suola, la pelle sanguina
non c’è medico che non voglia denari.
Vendi l’anima al migliore offerente
nei fumi tu credi ci sia ristoro
bucati e non farti male, se puoi
tanto il conto a nessuno pagherai.
Le campane hanno smesso il rintocco
non c’è guerra nei cantieri dell’amore
il pane è caldo… è già domani;
giace un corpo inanimato a terra.
Vai, il catenaccio è rotto
corri, ma non andare mai sotto,
io resto ho da vegliare il gatto,
tanto qualcuno mi prenderà per matto.
Tanto la gente mi prenderà per matto.
Tanto qualcuno mi prenderà per matto.
Tanto la gente mi prenderà per matto.
Mi prenderà per matto.
Ed ecco che la poesia Futura si trasforma in canzone
(I giovani poeti italiani)