Pier Paolo Pasolini,il poeta
PIER PAOLO PASOLINI, IL POETA.
 
Senza tanti fronzoli e preamboli, vi presento Pier Paolo Pasolini, il poeta. Una veste che per altri versi gli dona, ma ne “Alla mia Nazione”, proprio poeta non è. Vogliamo leggerla? Eccola:

Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
 
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Se questa è poesia, la si può considerare tale soltanto per il tema svolto in anarchia. Non c’è regola, né sillabazione poetica, né rima.
Una parvenza poetica chiamata poesia da chi non ha il coraggio di opporsi alla notorietà di un personaggio, salito sulla vetta della popolarità (per meriti, si); però questa potrebbe tradursi in prosa e forse avrebbe retto di più in quanto a letteratura, ma non avrebbe colpito il segno come ha fatto con questa versione a struttura poetica.
Il tema è la denuncia di uno stato di cose che nella sua nazione non vanno e sono proprio pochi coloro che se la scampano dalla sua accusa.
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Pier Paolo Pasolini, il poetaBENE! PIER PAOLO PASOLINI, IL POETA, 

NON E’ IL SOLO a far poesia anarchica. Lui lo fa per posizione presa, per dare sfogo ai suoi ideali, per parlare di ciò che la gente comune e povera patisce a causa di simili abusi di potere e soprusi da parte dei potenti.
C’E’, COME LUI, TANTA GENTE che scrive simili cose in assoluta libertà poetica; E lo fa a pieno titolo, per aver vissuto  sulla propria pelle l’angoscia dei mali della nazione, il dolore per le lesioni subite e… Grida costui, con una voce che nessuno sente, soltanto perché il suo grido proviene dal più basso sito, posto in una vallata che scavalca il livello del mare e ci va di sotto.
Non come accadeva nel mezzo del cammin del novecento, quando poesia e poeti erano ancora tenuti in buona considerazione. Allora c’era il popolo che li sosteneva e non solo; Anche un certa stampa ed editoria di loro sene prendeva cura.
Ieri, Pasolini percorreva i suoi sentieri affrontando una vita grama, immerso involontariamente (da famiglia borghese benestante poi caduta in disgrazia) nelle miserie in cui il popolo stava, oppresso dal potere politico (il fascismo) e religioso, nonché dai casati della nobiltà.
Oggi come ieri, altri patiscono l’identica sorte avversa, con tutte le conseguenze e i retroscena di una vita grama. C’è sempre un poeta di mezzo, che osa denunciare la perversione politico-religiosa, l’affronto che le grandi organizzazioni gioco-forza a disciplina mafiosa fanno subire ai poveri e agli onesti e, non meno ambigua e perversa, la potenza economica di banche, multinazionali e simili.
Io, poeta, questo lo faccio: Grido…Non posso farne a meno. Sulla mia pelle il peso dei torti subiti; Nel mio pensiero la sorte dei popoli, proni ai dettami di chi impera.
 
 
 
 
 
NELLA MIA POESIA TERRORI c’è molto più che una denuncia: “C’è sofferenza e dolore” mi è stato detto da una persona posta al mio livello. Si, gli ho risposto… lo so. 
Ecco la poesia:

 

TERRORI

Che cosa guardi con gli occhi tuoi, a rimirar
perduti nell’immenso spazio che ti sta davanti
in cui stipate stanno le cose senza vita
alle quali tu aneli, inutilmente,
per soddisfare passioni, o desideri
che pullulano nella tua mente
e le guardi con occhio ingordo e strabiliato
pei colori sgargianti che hai veduti
balenar con impeto violento
su lastre di specchi luminosi
che l’un l’altro si rimandano
i mille bagliori di un raggio di luce,
riflesso e poi riflesso, a ragion del vero,
mentre è soltanto un raggio virtuale.
Le cose senza vita che tu vuoi
te le può dar la destra,
o la sinistra, o forse il centro,
dipende da come farai la croce
sul segno che più ti piace,
per eleggere i briganti illuminati
che oggi t’han dato importanza d’elettore,
perché sia tu l’artefice del lor successo,
ambito per forgiare il segno del potere
in uno scettro d’argilla, da elevarsi
davanti alle masse d’ebeti fans,
che gridano a gran voce nelle piazze
il nome di un leader protettore:
Eroe di turno a cui donar le chiavi del tesoro,
custodito in uno scrigno senza fondo
da cui prelevare in nero tangenti e regalie
che di diritto spettano, si sa,
alle miriadi di padroni astuti
che san mangiar bene ed inebriarsi
coi vini della gloria che a lor compete,
senza curarsi dei miseri che piangon fame
nei tuguri che fiancheggiano i palazzi
dove stanno gli usurpatori del denaro
che al popolo serviva per campare,
molto più di una TIVU comprata a rate
per gustarsi poi, la teatralità gratuita
dei padroni che lì, recitano commedie,
interminabili, nauseanti come il fetor di morte,
perché costoro, ahimè, di morte parlano:
 
Che cosa guardi con gli occhi tuoi, a rimirar
perduti, il fiume di sangue che scorre lento
ancor caldo, di corpi appena morti,
uccisi dal potere assassino di sempre,
delle cosche che non si sa qual sia il numero
e neppure a cosa mirino gli ordigni micidiali,
per esplodere freddamente violenti
i colpi inauditi delle bombe che tuonano,
per ammazzare sempre davanti alla gente
i colpevoli dell’ordine che la civiltà ingaggia,
confusi nel caos di diabolici intrecci,
dove al solito chi ha ragione ha torto,
sicché non si sappia dov’è il vero, mai,
e perisca quel raro portator di bene,
mentre viva il vile perché assassinei il mondo.
 
Se ti passano innanzi agli occhi
le scene di un delitto che hai veduto,
op pur le lacrime grondanti di un bambino,
che ha visto il mondo bagnato di rosso
col sangue del padre ucciso per strada;
 
Se hai visto una bimba, dolente nel seno
per la violenza subita di un mostro imbecille,
partorire un vagito da stringere al petto
anche se sa qual frutto l’abbia fatto,
tu, considera i mali che qui si ordiscono
contro i più deboli, davanti alla forza
prorompente e inaudita delle mani che stringono
intorno al collo catene feroci, più delle belve
che un tempo abitavano le vergin foreste,
simili a palazzi d’oggi entro cui stanno belve in posta,
per assalir la preda, povera cerbiatta,
tremante di paura davanti al buio,
vestendo costoro, vilmente maschera d’umani,
per mostrar l’insolenza delle più gravi offese
al socio civile di una cultura amica
che voleva imporre con una stretta di mano
un patto di pace con ogni vivente,
ospite gradito di un pianeta chiamato terra
e poi guardare il sorriso dal colore diverso
di un bimbo che ha fame di uguale amore,
di stesso pane, che egli porterebbe in bocca
col gesto solito di tutte le genti,
che considerano quello il bene più vero,
da frazionarsi in egual misura
con chi siede alla stessa sua mensa.

CONSIDERAZIONI

Sia chiaro che con questo articolo (questo confronto poetico) non metto in discussione un ben che minimo valore artistico del personaggio Pier Paolo Pasolini, il poeta.
E’ stato, infatti, uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo: Poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore.
Piuttosto, evidenzio quel malessere sociale che lui denunciava nel suo breve ma pure intenso percorso di vita artistica attivo. Morire a cinquantatré anni ha rappresentato il suo “stop” all’arte, però ce n’è e ne avanza, sino a considerare anche il suo estro pittorico.
Cosa avrebbe realizzato Pasolini se quel dannato 1975 non lo avesse fermato con la morte? C’è soltanto da immaginarselo, soltanto considerando il fatto che la sua mente era aperta ai mille e mille risvolti dell’esistenza cui la condizione umana è assoggettata.
La sua visione, dunque, non si fermava all’apparenza,ma approfondiva il senso di ogni atteggiamento o comportamento umano; Sono anche convinto che per penetrare meglio e di più nelle viscere del pensiero dei diversi attori, si assoggettasse a una metamorfosi spontanea, proprio per assumere su di sé ogni esperienza, per poi raccontarla, metterla in scena, sublimarla.
 
(Pier Paolo Pasolini, il poeta)

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Di Gianni Nachira

E' presto detto: Da lavoratore, una volta raggiunta la pensione, sono riuscito a prendere in mano il sacco dove per anni sono state rinchiuse le mie passioni in campo artistico. Non è stato facile, perché l'età e l'impossibilità di farlo a tempo debito hanno parlato chiaro: "NON PUOI". Al ché io ho risposto: "Ma davvero?" Allora mi sono cimentato a fare teatro, a fare musica. FARE, CREARE, senza mollare e nonostante le difficoltà che la vita ancora oggi mi pone ad ostacolo, proseguo imperterrito sfidando il fato che da quasi sessant'anni mi assegna una sorte avversa. In questo mio sito ho messo insieme una parte di me e continuerò a farlo perché rimanga traccia di una storia di vita forse banale, ma comune a molti.

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