IL SABATO DEL VILLAGGIO NACHIRIANO

il sabato del villaggio nachiriano
Una inconcepibile disparità

********** Una fiumana di pensieri non poetici attraversa il territorio nel quale viviamo e tutti concordano nel sostenere che qualcosa non funziona. 

Ah, sì? Ce ne accorgiamo oggi? Dove eravamo quando Caino uccise Abele? Dove eravamo quando Dio provocò il diluvio universale (che in fondo universale non era)? A cosa pensavamo quando fu crocifisso l’unico giusto vissuto in terra? 

Abbiamo attraversato millenni di storia facendo danni catastrofici e subendone altrettanti; Siamo stati fautori di odio razziale, artefici di guerre criminali; Complici dei potenti di ogni era ed epoca e lo siamo ancora oggi con i politici che governano.

Sono abbastanza puro, dal volermi sottrarre da ogni e qualsiasi condivisione di pensiero e quindi di appartenenza a una società marcia sino al midollo e mi ritengo, mio malgrado, anarchico convinto, asociale per forzatura. In questo modo, mi sento scevro da legami all’ideologia politica, sia da quella vincente che da quella minoritaria. 

LIBERTÀ

Il mio pensiero va oltre, sovrasta e scavalca come un destriero dal rosso mantello, gli ostacoli della corsa, i quali non bastano a lobotomizzarmi. Sono libero di dire a gran voce quello che mi pare, perché le mie parole seminano saggezza; il mio grido avverte dei pericoli, gente che si è fermata davanti all’imposizione di una prigione entro cui la libertà è solo apparente e subdola.

Del resto era prevedibile, almeno per coloro che il problema se lo sono posto. Per gli altri, no! Per gli altri non c’è mai stato luogo ad autonome prese di posizione. Gli altri campano, vivono, sopravvivono sfruttando le svariate occasioni di connivenza con l’assurdo potere ambiguo che promette e dà, sì, ma solo ai suoi sostenitori.

E tu? Chi sostieni? Io nessuno, mai, anche se ho avuto paura in certi momenti. Paura di morire, di essere eliminato. Ho affrontato a muso duro la realtà, la mia realtà; Non ho ceduto alla pur giustificata tentazione di farmi giustizia, come del resto si usa qui. Sono un uomo duro. Per qualcuno un caga-sotto. Nell’intimo, però, coltivo la convinzione che se avessi ceduto, sarebbe andata diversamente. Ad ogni buon conto, sono fiero di essere stato capace di gridare il mio NO! alla violenza.

Ho un’arma tra le mani: La parola; La soffio ovunque, affinché libera si propaghi perché, sono certo, a qualcuno questa mia “parola” fa bene.

“E’ poesia?”  La domanda mi giunge da lontano. Non so chi sia a chiedermelo, non m’importa e rispondo: Sì, se tu mi chiedi poesia. Se però dovessi chiedermi altro, saprei bene cosa dirti. Se di poesia vuoi sentire, potrei presentartene qualcuna. Comincerei da qui:

IL SABATO DEL VILLAGGIO 

il sabato del villaggio nachirianoLa donzelletta vien dalla campagna,

In sul calar del sole

Col suo fascio dell’erba e reca in mano

Un mazzolin di rose e di viole,

Onde, siccome suole…

Suvvia, che mi fai scrivere? Giacomo Leopardi è di un’altra era; Io invece sono qui, vivo, per il principio di cui sopra e racconto la vita senza mezzi termini. Mi interrogo -lo faccio al posto tuo-; Rispondo -lo faccio io- poiché tu non potresti.

Il sabato del villaggio, però è un dì imperituro, una cadenza spontanea che si rinnova sin dal giorno in cui  il capo della chiesa, papa Gregorio XIII, introdusse il calendario, esattamente il 4 ottobre 1582 e, nei sabato, si festeggia sempre qualcosa. Quale giorno migliore, del resto, per offrire ai ragazzi d’oggi libertà pericolose?

LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Chi non ricorda il famoso periodo della “FEBBRE DEL SABATO SERA”? Quel film musicale che coinvolse l’intero mondo giovane del 1977 diretto dal regista John Badham, che lanciò l’attore John Travolta, fece furore. Furono anni di fuoco che diedero il via agli eccessi del divertimento, che suscitarono, in una sola notte, l’interesse di milioni di ragazzi, per così dire “di primo pelo”, in Europa. e nel mondo. 

La vita, però, non è fatta di sogni e divertimenti. Essa ha i suoi risvolti, dolci, amari o più o meno velenosi. In questo stato, la stragrande maggioranza dell’umanità, si conduce nella sofferenza, nel dolore, nel pianto. La causa spesso è da attribuirsi al mondo politico ed economico, ovvero ai “padroni della ricchezza mondiale” male distribuita, ossia, sottratta ai veri proprietari che l’avrebbero condivisa, in egual misura.

La mia “parola”, per queste ragioni, è feroce; La pronuncio con veemenza, la proietto in faccia ai folli geni del male,  servitori del potere, sì, che la riversino addosso ai loro padroni. Di questi parlerò più avanti. Ora vi presento, per questo mio trattato…

IL POEMA D’ESORDIO 

il sabato del villaggio nachirianoHai appena letto qualcosa che assomiglia alla poesia; Versi costruiti a mo’ di geometria poetica, giusto per fare scena, dal momento che il contenuto è piuttosto scarno e insignificante. Che vuoi?  Come detto, ho solo parole da offrirti e spero che tu sappia leggerle nel loro significato più profondo. Non racconto l’odissea di un poema leopardiano tipo…

Il sabato del villaggio, che si limita a descrivere la donzelletta, o la vecchiarella e le sue memorie di gioventù, i fanciulli rumoreggianti e il zappatore che ride e fischietta. Ci sono pure altri mestieranti nel villaggio che continuano l’opera anche dopo il calar del sole. Che vuoi? Devono finire l’opera, prima che venga il nuovo giorno, la domenica, il loro “dì di festa.”

LA CHIUSA DEL POEMA LEOPARDIANO

Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa      
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

IL SABATO DEL VILLAGGIO NACHIRIANO

Il sabato del villaggio nachiriano è tutt’altra cosa. Io non sono un poeta all’altezza del Leopardi; Piuttosto sarei un poetucolo da strapazzo, se non fosse che… Racconto la vita di oggi, quella vera; E lo faccio coi versi duri di una parola, che nel silenzio urla la sua rabbia, perché in questo mondo ben poco funziona; In questa società si fa fatica a capire dove risiede il portatore di bene, mentre l’agente del male è lì, assiso al trono e bacchetta i popoli, con i quattro servi-guerrieri armati di tutto punto, pronti a frodare la brava gente.

I QUATTRO GENI SULLA TERRA

Esistono, sì, lo so, li ho conosciuti, li ho combattuti, hanno vinto -sono convinti- mentre sono perdenti, perché il poeta non lo si sconfigge così facilmente. Il poeta possiede una riserva d’aria pura, silos d’ossigeno serbati nel sangue, energia di vita difficile da esaurirsi. Vincere contro il male, ecco… Questo è il messaggio che un vate lascia, un’eredità inesauribile, una carezza al cuore, una mano forte, uno sguardo dolce, un pensiero di bene, una parola di grosso calibro. Il poeta sa, ne è consapevole e considera che la luce non illumina più le genti; I popoli sono assuefatti oramai dal nero dei fumi che i quattro geni spargono.

Da “il sabato del villaggio leopardiano ” a “il sabato del villaggio nachiriano” , il passo non è breve. Infatti, c’è una complessità di genere, uno stravolgimento del concetto poesia che si fa canzone e parola insieme che include tutto un simbolismo perfetto; Denuncia la presenza di geni del male sulla terra.

VI LASCIO LA MIA CANZONE

Credo sia il caso di lasciare che la canzone evidenzi la pericolosità di poteri oscuri che hanno già accaparrato quasi tutta la ricchezza della terra e, contestualmente, hanno già assoggettato almeno il 70% della popolazione mondiale. Lo scorrere del video ti farà ascoltare una poesia un po’ diversa da “il sabato del villaggio”. Del resto, il suo titolo “TERRORI” è fin troppo chiaro; Mentre, la canzone “SE CI FOSSE LA LUCE” si fa grido di speranza, quasi un esorcismo contro il male del potere oscuro.

Buon ascolto

Mi hai seguito sino a qui., ma non è tutto. Farò dell’altro a tempo debito, perché la mia battaglia con l’arma della “parola” in difesa del mondo affamato e sofferente continua, con o senza rima, con musica e poesia.

Il sabato del villaggio nachiriano

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Di Gianni Nachira

E' presto detto: Da lavoratore, una volta raggiunta la pensione, sono riuscito a prendere in mano il sacco dove per anni sono state rinchiuse le mie passioni in campo artistico. Non è stato facile, perché l'età e l'impossibilità di farlo a tempo debito hanno parlato chiaro: "NON PUOI". Al ché io ho risposto: "Ma davvero?" Allora mi sono cimentato a fare teatro, a fare musica. FARE, CREARE, senza mollare e nonostante le difficoltà che la vita ancora oggi mi pone ad ostacolo, proseguo imperterrito sfidando il fato che da quasi sessant'anni mi assegna una sorte avversa. In questo mio sito ho messo insieme una parte di me e continuerò a farlo perché rimanga traccia di una storia di vita forse banale, ma comune a molti.

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